Glossario
dei Termini Liturgici
NB: I nomi traslitterati di cui si fa uso nelle spiegazioni dei termini
si ritrovano anch’essi illustrati nel glossario.
acróstico si chiama così la frase che si ottiene componendo
insieme la prima lettera di ciascun tropario di un canone.
Aftómelon tropario con melodia originale che, a differenza di
quanto avviene per l’idiómelon, viene adattata ad altri tropari.
ámomos così viene chiamato il Sal 118 in base a una parola del
versetto iniziale: “Beati gli immacolati (ámomi) ...”
anastásima parti dell ’ufficiatura che celebrano la risurrezione
(anástasis).
anatoliká serie di stichirá del lucernario e delle lodi della
domenica. Non si conosce con certezza il senso della parola: c’è chi fa
derivare il termine da Anatolio, autore di composizioni liturgiche, o
chi ci vede piuttosto un’allusione a uno dei nomi di Cristo, “Oriente”
(anatolí ).
anavathmí gradini; nome dato sia ai salmi graduali che a brevi
tropari ispirati a questi salmi e riuniti in antifone.
antifona si dà questo nome a più parti dell’ufficio: 1) a un
breve ritornello intercalato ai versetti di un salmo; 2) a un salmo o a
gruppi di salmi; 3) al gruppo di tropari che forma gli anavathmí ; 4) ai
tre gruppi di versetti di salmo con ritornello e tropario che si trovano
all’inizio della Divina Liturgia.
antimínsion si tratta di un pezzo di stoffa, sul quale è dipinta
la sepoltura del Signore e che contiene reliquie di martiri. Viene posto
sull’altare, sotto al telo di lino detto “ilitón”, equivalente del
corporale latino. Come indica il suo nome (“in luogo della mensa”), in
origine sostituiva l’altare o si usava quando l’altare non era
consacrato.
apódipnon il termine significa “dopo-cena” e indica l’ufficio
celebrato a quell’ora, corrispondente alla compieta latina. Esistono due
formulari: il piccolo e il grande apódipnon. Il grande apódipnon è usato
soltanto nelle ferie di quaresima e in alcune grandi vigilie.
apolytíkion il termine viene probabilmente da apólysis, congedo;
questo tropario, infatti , detto anche “tropario del giorno”, viene
cantato al termine del vespro e dell’órthros; è ripreso all’órthros dopo
l’exápsalmos con alcuni versetti del s. 117 e alle ore.
apósticha serie di tropari cantati nell’ultima parte del vespro o
dell’ órthros, intercalati a versetti di salmi.
apostoliká serie di tropari che formano parti dell’ufficiatura
dedicate agli apostoli .
artoklasía il termine indica la frazione e la distribuzione del
pane benedetto; è il nome dato alla benedizione impartita a cinque pani,
frumento, vino e olio dopo la lití del vespro.
canonárca lettore incaricato di determinate letture o canti . La
sua funzione principale consiste nel recitare ad alta voce i canti, in
determinate occasioni, prima che questi vengano eseguiti dai cantori. Il
suo ufficio si rendeva particolarmente necessario nel passato, quando i
libri a disposizione erano pochi e i cantori cantavano normalmente a
memoria, rischiando talvolta di incorrere in qualche errore.
canone è il nome dato all’insieme dei cantici biblici (odi )
accolti nell’uso li turgico. Già da prima del VII secolo tal i cantici
sono: 1) Cantico di Mosè (Es 15,1-19) ; 2) Cantico di Mosè (Dt 32,1-43);
3) Cantico di Anna (1Re [Sam] 2,1-10); 4) Cantico di Abacuc (Ab 3); 5)
Cantico di Isaia (Is 26,9-20); 6) Cantico di Giona (Gen 2,3-10); 7)
Cantico dei tre fanciull i (Dn 3,26-56); 8) Cantico delle creature (Dn
3,57-88); 9) Cantico della Madre-di -Dio e di Zaccaria (Lc
1,46-55.68-79). Il nome di canone è passato a indicare la composizione
poetica di nove odi che si modella sui nove cantici biblici (o odi ); il
ritmo musicale e poetico è dato dal tropario iniziale detto irmós. Il
canone dovrebbe dunque comporsi di nove odi, ma sin dall’VIII secolo la
seconda ode viene usata meno abitualmente, e prevalentemente la si trova
nei triodia quaresimali o pasquali . Quindi i canoni sono normalmente di
otto odi; in casi particolari di due, di tre e di quattro.
cheretismí sono così chiamate le varie stanze del l’inno
akáthistos, a motivo della continua ripetizione del saluto angelico
Chere (gioisci).
cheruvikón o “inno dei cherubini”, è l ’inno che accompagna il
grande ingresso con i santi doni, ovvero il pane e il vino da
consacrare, durante la Divina Liturgia.
despotiká tropari che si rivolgono prevalentemente al Signore
Gesù o al Padre.
dossologia glorificazione della Trinità; il termine indica in
particolare l’inno che si trova al termine dell’órthros e all’apódipnon:
grande dossologia per la domenica e le feste, e piccola, per i giorni
feriali e l’apódipnon.
doxastikón tropario che si canta dopo la prima parte del “Gloria
al Padre”.
ekfónisis acclamazione; si chiama così la conclusione ad alta
voce, fatta dal celebrante, di una preghiera o di una litania.
ektenía preghiera intensa; è il nome dato alla preghiera
universale della seconda parte del vespro e dell’órthros, e della
Liturgia dopo il vangelo.
enkómia elogio del Cristo morto che viene cantato al sabato santo
davanti all’epitáfios.
eothinón mattutino; si chiama così sia i l vangelo dell’órthros,
sia il tropario delle lodi che corrisponde agli 11 vangeli della
risurrezione che si leggono all’órthros della domenica.
epitáfios nella lingua liturgica si indica con questo termine
(che significa di per sé ‘elogio funebre’) il velo ricamato
rappresentante il corpo del Signore al momento della sepoltura.
epitrachílion stola del sacerdote.
evloghitária esistono due serie di evloghitária: quelli dei
defunti e quelli detti anastásima, dedicati cioè alla risurrezione
(anástasis). Si tratta di tropari intercalati dal ritornello “Benedetto
sei tu, Signore, insegnami i tuoi decreti” (Sal 118,12); il nome di tali
serie di tropari deriva dunque dalla prima parola del ritornello:
evloghitós, benedetto.
exapostilárion è il tropario che precede le lodi. Riprende di
solito il tema delle lodi e del vangelo dell’órthros: per questo alla
domenica gli exapostilária sono anastásima, cioè dedicati alla
risurrezione, dato che all’órthros si legge uno dei vangeli della
risurrezione.
exápsalmos nome dato al gruppo fisso di sei salmi che si recita
all’ inizio dell’órthros.
felónion ampio mantello con apertura per passarvi la testa:
corrisponde alla casula latina, ed è il simbolo della luce e della
potenza con le quali Dio avvolge il sacerdote.
fotagoghiká tropari dell ’órthros quaresimale che invocano la
luce.
grande colletta vedi iriniká.
idiómelon tropario con melodia propria che non viene utilizzata
per altri tropari.
ieromartiri nome dato ai martiri che avevano ricevuto qualche
ordine sacro (ierós): diaconi, presbiteri, vescovi .
íkos è una strofa del kondákion (vedi kondákion).
iriniká preghiera litanica così chiamata a motivo degli inviti a
pregare “in pace” e “per la pace” (iríni); si trova all’inizio del
vespro, dell’órthros e della Divina Liturgia.
irmós si chiama irmós il primo tropario di ogni ode del canone;
vedi canone.
katanyktikón cioè “di compunzione”; nome dato a parti
dell’ufficio che esprimono e intendono suscitare compunzione.
katavasía si chiama così l’irmós quando, nei giorni di festa,
viene cantato di nuovo alla fine di ogni ode. Il nome viene dal fatto
che i due cori “scendono”, cioè fanno una “discesa” (katávasis) dai loro
stalli per unirsi nel mezzo del la chiesa e lì cantare insieme questo
tropario.
káthisma al plurale kathísmata si dà questo nome: 1) a ciascuna
delle 20 sezioni nelle quali è diviso il salterio bizantino; 2) ai
tropari che seguono la lettura del káthisma del salterio; 3) a vari
altri tropari analoghi a quelli che accompagnano la lettura del
salterio. Il nome “káthisma” indica una parte dell’ufficio durante la
quale si sta seduti (kathízo, sedersi).
kóllyva dolce sacro di grani di frumento o di riso che viene
benedetto in memoria dei defunti e poi distribuito all’assemblea.
kondákion tropario che un tempo introduceva, enunciandone il
tema, una composizione poetica formata da varie strofe: dopo che si
cominciarono a usare i canoni, di tali composizioni restò solo il
kondákion, seguito talvolta da una strofa.
lití supplica; così è chiamata la processione che si svolge
durante il vespro dei giorni festivi, al canto di tropari.
lucernario il vespro, che viene celebrato al cader del giorno,
quando si accendono le lampade, assume talvolta per questo il nome di
“lucernario”.
makarismí è il canto delle beatitudini, così chiamato per la
continua ripetizione della parola makárii (beati) .
megalomartire martire particolarmente venerato.
megalynária sono ritornelli dei tropari della nona ode che
riprendono la prima parola del MAGNIFICAT: megalyni (magnifica), donde
il nome di megalynária.
mensa (santa) l’altare sul quale si celebra l’eucarestia.
metheórtia giorni successivi a una grande festività durante i
quali si continua a commemorare la festa.
minéi si indicano con questo termine i dodici libri - uno per
ogni “mese” (mín) - contenenti il ciclo annuale delle feste fisse del
Signore, del la Beata Vergine e dei santi.
minológhion la raccolta delle brevi notizie agiografiche per uso
liturgico.
miròfora portatrice di myron (profumo, unguento profumato). Nome
dato alle donne che il giorno della risurrezione si recavano al sepolcro
per ungere il corpo del Signore con unguenti profumati.
mistagogía iniziazione ai divini misteri o celebrazione di essi .
nekrósimon “relativo a chi è morto” (nekrós) : indica quindi le
parti del l’ufficio dedicate ai defunti.
ode composizione poetica ispirata a uno dei nove cantici biblici
adottati nell’ufficiatura. Vedi canone.
orárion stola del diacono.
orológhion libro delle ore: contiene cioè l’ordinario
dell’ufficiatura quotidiana.
órthros ufficio che si celebra tra il finire della notte e lo
spuntare dell’alba: corrisponde più o meno al mattutino della chiesa
occidentale, ma comprende anche le lodi.
paraklitikí è il libro delle otto settimane, corrispondenti agli
otto toni della musica bizantina; contiene quindi il ciclo ordinario
dell’ufficio settimanale, che si compone abitualmente con il ciclo dei
santi e in parte anche con quello dei tempi speciali. Viene detto anche
októichos, cioè libro degli “otto toni”.
paramoní il termine indica che i fedeli “si fermano”, “rimangono”
per una celebrazione; viene usato per le grandi vigilie di Natale,
Epifania e Pasqua.
pentikostárion libro che contiene gli uffici dalla domenica di
Pasqua alla domenica dopo Pentecoste.
piccola colletta breve li tania diaconale che si trova più vol te
ripetuta sia nell’ufficio che nella Divina Liturgia.
polyéleos così viene detto il Sal 135 dove la parola
“misericordia” (éleos) ritorna ad ogni versetto, cioè “molto” (polys).
Con questo nome viene indicato tutto il terzo gruppo di salmi che si
leggono all’órthros dei giorni di festa, tra i quali si trova appunto
anche il Sal 135.
porta bella è la porta centrale dell’iconostasi che immette nel
santuario.
proeórtia giorni che precedono feste importanti.
proeórtion tropario usato nei giorni precedenti feste importanti,
in cui si sviluppano già i temi della festa.
prokímenon si compone di versetti tratti da salmi e si trova
all’órthros prima del vangelo, alla Liturgia prima dell’epistola
(Apóstolos) e al vespro dopo l’inno Luce gioiosa; è un responsorio che
corrisponde in qualche modo al graduale delle liturgie occidentali.
prosómia tropari che non hanno melodia propria, ma utilizzano
quella comune ad altri tropari.
rinnovamento settimana del rinnovamento è il nome dato alla
settimana che segue la pasqua.
salmo introduttivo nome dato al salmo 103, salmo fisso posto all’
inizio del vespro.
sinassário libro che contiene le vite dei santi per ogni giorno
dell’anno e che si legge durante la sinassi liturgica. Nei minéi se ne
trova abitualmente un estratto.
sinassi riunione comunitaria per un’ufficio o una celebrazione.
stasi stazione, pausa; i 20 kathísmata del salterio si dividono
ciascuno in tre stasi, dette anche antifone.
stavrósimon “del la croce” (stavrós): termine usato per indicare
le parti dell’ufficio che celebrano il mistero della croce.
stavrotheotokíon tropario dedicato alla Madre-di-Dio (theotótkos)
con allusione al mistero della croce (stavrós) e alla presenza di Maria
accanto ad essa.
stichárion lunga tunica indossata dal sacerdote o dal diacono:
quando il sacerdote indossa lo stichárion, riveste sopra anche
l’epitrachílion e il felónion, mentre il diacono aggiunge solo
l’orárion.
stichirón tropario intercalato tra i versetti (stichi) dei salmi
del lucernario e delle lodi .
stico versetto di salmo.
sticología lettura continua del salterio, versetto per versetto
(stico), e anche lettura dei versetti di un salmo o di un’ode
scritturistica fra i quali si intercalano dei tropari.
theotokíon tropario dedicato alla Madre-di-Dio (theotókos).
triadikón tropario dedicato alla santissima Triade (Triás).
triódion canone di tre odi; questi canoni, attribuiti
generalmente a Teodoro e Giuseppe Studiti, si recitano in quaresima nei
giorni feriali e, in varie tradizioni bizantine, anche nel tempo dopo la
pasqua. Per questo motivo il periodo quaresimale e il libro che ne
contiene le ufficiature porta il titolo di triódion, spesso accompagnato
dalla specificazione “katanyktikón”, per differenziarlo dall’altro
triódion, detto charmósinon (gioioso), perché utilizzato nei cinquanta
giorni “di gioia” che seguono la pasqua.
triságio è la triplice acclamazione “Santo” ispirata a Is 6,3. Si
è molto discusso se il suo significato sia originariamente cristologico
o trinitario.
trithekti nome dato al le due ore di terza e sesta unite insieme
in un’unica ufficiatura.
tropario nome generico dato ai piccoli inni che costituisce la
base di ogni composizione liturgica. La parola viene da trópos, modo: il
tropario è pertanto un piccolo inno che si canta secondo un dato modulo
musicale; il suo ritmo è basato sull’accento tonico.
typiká nome dato a un’ufficiatura speciale presentata
nell’orológhion, che era un tempo un ufficio di comunione. Il suo nome,
che viene da typos (immagine), indica forse il fatto che veniva usato in
sostituzione della celebrazione eucaristica. Nota caratteristica di
questa ufficiatura sono le beatitudini intercalate dalla preghiera del
buon ladrone sulla croce. Il nome di typiká viene dato anche ai salmi
102 e 145, tratti da questa ufficiatura e utilizzati al posto delle
antifone nella Liturgia.
typikón libro contenente le rubriche liturgiche e il cerimoniale
dell’ufficio e della Divina Liturgia. I più importanti typiká sono:
quello attribuito a san Saba, chiamato spesso grande typikón, e quello
detto della grande chiesa (di Costantinopoli) che ne è un aggiornamento
stabilito nel secolo scorso a Costantinopoli.
ypakoí tropario proprio delle domeniche e delle grandi feste. Non
si conosce bene il significato del termine.
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